Laura Boldrini, ex presidente (o per meglio dire presidentessa) della Camera dei Deputati, è da sempre attenta a tematiche sessiste e riguardanti i diritti Lgbtq+.
La problematica riscontrata dalla Boldrini è che in sei versioni di autocertificazione manchi l’alternativa che solitamente si trova in tutta la modulistica, quella riguardante la scelta tra –a e -o, con la quale l’utilizzatore/trice indica la sua appartenenza al genere maschile o femminile.
Questo è, senza dubbio, uno dei motivi per cui la Sinistra continua a perdere voti. Mancanza di concretezza, rincorsa a diritti civili collettivi di per se non condivisibili (sia chiaro, non viene messa in discussione la libera scelta dell’identità di genere o le preferenze sessuali degli individui, solo la questione secondo la quale delle esigenze personali ed individuali debbano essere in qualche maniera essere identitarie per un gruppo, in questo video la questione è esaminata meglio).
È davvero possibile che, come riporta L’Occidentale, la scelta tra due generi di fatto è diventata un’opzione reazionaria: il buon vecchio m/f delle nostre grammatiche è un temibile marcatore della vituperata differenza sessuale, e come tale costringe a una scelta rigida le enne opzioni di genere consentite dalla fluidità e dalla fantasia.
La stessa testata infatti, prosegue “alle esigenze del gender fluid danno una risposta adeguata solo gli orribili asterischi in finale di parola. Ma, appunto, sono orribili, e così all’ultimo momento si sono vergognati di metterli, non volendo peggiorare ancora il livello di cui sta dando quotidianamente prova la comunicazione pubblica. Hanno consultato una commissione tecnico-scientifica di grammatici, retori, stilisti e linguisti e – pensa e ripensa – sono addivenuti alla conclusione che il maschile “sovraesteso” e funzionale, surrogato del neutro, alla fin fine è più rispettoso dell’intimità di ciascuno e delle cinquanta sfumature del genere. E hanno optato per un tiepido –o per tutti/e/*, come si faceva anticamente.”